Obongjayar
artist profile
Uno dei primi ricordi musicali di Obongjayar è quello dei suoi vicini del piano di sotto, la domenica mattina, mentre si riunivano per cucinare, cantare e pregare insieme prima di andare in chiesa. “Mi sedevo vicino alla cucina e cercavo di unirmi a loro, ma mi mandavano via,” ride. “Sono sempre stato attratto dalla musica, ce l’ho sempre avuta in testa.” Cresciuto dalla nonna a Calabar, in Nigeria, fino a quando si è trasferito a Londra per raggiungere la madre da adolescente, il sound di OB abbraccia le sue due culture come il suo più grande superpotere: filtra il calore giocoso e la texture dei ritmi e delle cadenze dell’Africa Occidentale attraverso uno sguardo modernissimo, creando qualcosa di unico. È questa la qualità che lo ha portato a collaborare con Danny Brown e il superproduttore Afrobeats Sarz. È l’approccio che ha portato alle sue hit con Fred again… e Little Simz, e l’innovazione che gli è valsa una nomination agli Ivor Novello per il suo acclamato album d’esordio Some Nights I Dream of Doors. In definitiva, è ciò che lo ha consacrato come una delle voci più originali e contagiose provenienti oggi dal Regno Unito.
Da quel debutto, però, l’approccio creativo di Obongjayar è cambiato. Se per il primo album puntava a raggiungere nuove frontiere musicali, ora ha capito che quel tipo di obiettivi può essere tanto limitante quanto stimolante. “Non puoi pensare a rompere barriere,” dice. “Le barriere che rompi sono quelle che hai costruito tu stesso.” Oggi si concentra sul lasciarsi andare e immergersi nel mondo che lo circonda. Se Some Nights I Dream of Doors era spinto dal desiderio di esplorare nuovi mondi, Paradise Now è saldamente ancorato al momento presente. In parole semplici: “tutto esiste qui. La bellezza è [già] qui.”
Il risultato, nel suo secondo album Paradise Now, è una proposta globale fresca e ambiziosa, con radici ben piantate nel suo ampio mondo di influenze. C’è di tutto: dal pop al punk, dalla dance all’Afrobeat, dal funk al folk, tutto rifratto attraverso una prospettiva emozionante e nuova. “Volevo un album che potessi ascoltare dall’inizio alla fine durante una serata fuori.” Ma lo considera comunque una specie di cavallo di Troia. Registrato tra Londra e Los Angeles insieme a Kwes Darko (Pa Salieu, John Glacier), al produttore californiano Yeti Beats (Doja Cat) e al trio vincitore di Grammy Beach Noise (Kendrick Lamar, Baby Keem, Bakar), il disco è emotivamente complesso e sfaccettato come non mai, pur sotto un’apparenza accattivante. “Non è stato sacrificato nulla. Dentro quel nuovo ritmo c’è comunque qualcosa che puoi portarti via, ma non dev’essere un enigma da decifrare, non è un problema di matematica,” sorride.
Il singolo Just My Luck ne è l’esempio perfetto. Un earworm funk-pop in formato widescreen, con tocchi di electro-pop leggerissimi e synth da bubblegum che ti avvolgono mentre canta: ‘I didn’t get what I wanted, it was just what I needed to keep me going.’ “Parla di solitudine e FOMO,” spiega OB. “Quando pensi di perderti qualcosa, e invece potrebbe essere l’opportunità di fare qualcos’altro.” Ricorda di quando era adolescente e si sentiva sempre ai margini, che fosse perché viveva lontano o perché sua madre non lo lasciava uscire, desiderando far parte di un gruppo o semplicemente non essendo invitato. “Da bambino hai tutte queste idee, pensi di volere certe cose… Tutte queste cose che magari non hai avuto, ma che alla fine contribuiscono a farti diventare ciò che sei. E te ne accorgi solo più avanti nel tempo.”
Not In Surrender parla della trascendenza che arriva dopo. Del diventare adulto e sperimentare la gioia in tutta la sua potenza, con un inizio che recita: ‘I put my hands up, not in surrender, I’m getting ready to fly.’ “È fondamentalmente una canzone sul fare festa e stare svegli tutta la notte. Ti senti semplicemente bene con te stesso,” ride. Non sorprende quindi che evochi una specie di euforia alla Prince, crescendo e librandosi tra ad-libs mozzafiato e percussioni sincopate. È la notte di Capodanno, è come fluttuare, è quella serata che non vuoi mai finisca.
Sweet Danger è la sua controparte più civettuola, con un OB sicuro di sé e malizioso.